I racconti di Karin è una microrivista artistico - letteraria dove possono trovare spazio quegli artisti, scrittori, vignettisti, poeti, che hanno qualcosa da dire, da mostrare, che desiderano trovare un piccolo angolo dove dare luce alle loro opere.

Questo è il blog della rivista perciò i lettori e gli artisti che ci seguono qui potranno parlarsi direttamente, dare opinioni e magari anche qualche consiglio...

I racconti di Karin ISSN 2035-7079



11 giu 2009

Karin TV - La Web TV della rivista!!!

Ciao a tutti
da oggi vi è una grande novità:
la nascita della Karin TV e cioè la web Tv della rivista.
Per adesso è gestita da me tramite Glomera ed è visibile solamente dal nostro blog (in fondo alla pagina). E' importtante che sappiate che potete implementare la Tv anche sul vostro sito o sul vostro blog tramite un semplice codice java che io vi posso mandare.
Questo vuol dire che si possono "moltiplicare" i luoghi in cui è possibile seguirla.
Vi esorto a mandarmi i vostri viedo, interviste, premiazioni, qualsiasi cosa inerente alla vostra passione artistica.
Nel palinsesto compare già un intervista di Anna Maria Folchini Stabile, un video creato dal vignettista Ivan Annibali, qualche spezzone di concerto del gruppo Heavy Metal Modenese Brikeyes oltre a due video tipo "slideshow" che ho realizzato personalmente per presentare la nostra rivista a chi non la conosce.
Penso che sia una buona opportunità per fare crescere la rivista e per potere anche ospitare discipline artistiche che sul cartaceo è impossibile gestire.

Sto valutando l'ipotesi di utilizzare anche altre piattaforme Web Tv in modo da avere più canali disponibili, ma per ora teniamoci questo che, considerato il tutto, è già un miracolo che io possa gestirlo.

Mi raccomando se avete domande, dubbi o altre idee scrivetemi!

Stefano

26 mag 2009

Il calendario de "I racconti di Karin" 2010

Abbiamo pensato, per il prossimo anno, di realizzare Il Calendario de I racconti di Karin 2010 con alcuni dei nostri lavori. L'idea è quella di coniugare, come da sempre nel nostro stile, illustrazioni, foto, racconti (brevi) e poesie ed inserirle all'interno dei mesi dell'anno in modo da accompagnare con le nostre creazioni i nostri lettori.
Noi pensiamo che l'idea possa piacere e perciò attendiamo i vostri lavori entro e non oltre la fine di Giugno, visto che vorremmo averlo già finito entro settembre.
Tenete conto che ci saranno ben 13 mesi a disposizione (gennaio 2010 - Gennaio 2011) e perciò lo spazio non è illimitato!
Come al solito selezioneremo le opere che più ci regaleranno emozioni...

Vi attendiamo numerosi!!!

Stefano Pelloni

24 apr 2009

I racconti di Karin n° otto


E' finalmente online il numero otto della rivista con parecchi nuovi racconti, nuove poesie e illustrazioni !
In questo numero Racconti di: Stefano Pelloni, Costantino Liquori, Giuseppe Gatto, Alessia Pantaleo, Sandra Carresi, Anna Maria Folchini Stabile, Gerardina Salerno, Giovanna Mulas.
Poesie di: Aldo Ardetti, Edera Spiga, Vanes Ferlini. Le filastrocche di Titti Savini. Ci saranno inoltre i due romanzi a puntate di Giulia Ghini e Manuela Rettaroli. Vignette di Ivan Annibali e di Disegnatore precario.
In più recensioni e notizie di siti letterari.
Copertina (stupenda!!!)di Barbara Mancini

per scaricarlo GRATUITAMENTE cliccate qui


Per l'acquisto in versione cartacea su Lulu cliccate qui
L'acquisto in versione cartacea su Footprint non è ancora disponibile ma lo sarà a breve!

Buona lettura!

16 feb 2009

I racconti di Karin n° sette


E' finalmente online il numero sette della rivista con parecchi nuovi racconti, nuove poesie e illustrazioni !
per scaricarlo GRATUITAMENTE cliccate qui


Per l'acquisto in
versione cartacea cliccate qui

Vi auguriamo naturalmente una buona lettura e ci auguriamo che anche tu che stai leggendo ora, possa diventare un autore de "I racconti di Karin".

14 feb 2009

Racconto per San Valentino

Oggi è San Valentino e per festeggiare insieme l'evento vi posto un mio racconto parecchio datato, che è risultato Vincitore alla 14° Edizione del Premio Nazionale "San Valentino" in Bussolengo (Verona) nell'ormai lontano 1997.
Vi auguro tanto amore per tutti e non solo in questa giornata.
Stefano Pelloni


I COLORI DEL BUIO



Un tocco lieve, quasi impercettibile, quasi come fosse la mano di un fantasma.
Michele si ritrae, per un attimo, poi i suoi muscoli si rilassano.

Un nugolo di ricordi, dolorosi, come aghi conficcati nella pelle, come piaghe sotto i piedi.
I bimbi che ridono, che lo spingono e lui con le braccia protese in avanti, per cercare di difendersi da quelle voci.
Quando era piccolo non capiva.
"Perché? Perché fanno così? Quale è il motivo della loro malvagità?"
Interrogativi eterni, che si erano ripetuti per anni, e che diventarono via via più insistenti, continui, terribili.
Lui non conosceva la luce.
Era nato cieco, in un mondo strano ma colorato. Era difficile a spiegarsi.
Lui il suo mondo lo vedeva, era quello esterno che gli era vietato.
Non sapeva cosa volesse dire "non vedere", per lui era naturale essere così.
E così quando gli raccontarono del sole e delle stelle lui se li immaginò e li vide, sì, li vide perfettamente, e loro avevano la forma ed i colori a cui aveva assegnato, ed ogni cosa era al suo posto.
Però la gente non capiva, e continuava a trattarlo come se fosse diverso.
Cosa voleva dire non avere la vista?
Per lui voleva dire semplicemente non possedere uno strumento, utile sì, ma non necessario.
Se coloro che la possedevano erano come quei bimbi, che poi sarebbero diventati ragazzi ed infine uomini, voleva dire che non serviva a maturare.
La sua vista erano le mani, così sensibili, ma soprattutto lo era la sua mente.
Gli bastava sentire una voce per darle una forma, gli bastava un profumo per vedere un sentimento, gli bastava una mano per capire l'amore.
Cosa vi era di così diverso da tutti gli altri?
Era poi così terribile non potere usare gli occhi?
La risposta era "no", semplicemente.

Un altro tocco. Questa volta più lieve, dietro all'orecchio.

Ed i ricordi affioravano dallo stretto velo della mente.
Michele aveva viaggiato, aveva girato il mondo.
Era stato in mezzo a uomini e a donne disperate, aveva visto l'odore della guerra, aveva provato le carestie, aveva vissuto con tribù disperse nella foresta che vivono semplicemente di quelle poche cose che aveva dato loro la natura.
Però una cosa aveva intuito: con loro non si sentiva cieco, lui non era diverso.
E qui Michele cominciò a capire.
Era la gente semplice che capiva ciò che lui provava. Loro erano esattamente come lui. Erano considerati diversi dall'umanità solamente perché alcuni avevano un colore diverso della pelle, o perché vivevano semplicemente di quello che la natura offriva a loro.
"E se tutti fossimo ciechi?" pensava.
"Sicuramente non esisterebbe razzismo, perché non vedendola la pelle diventa uguale per tutti. Le persone sarebbero più felici perché nessuno sarebbe brutto, e gli specchi, finalmente, sarebbero aboliti... Come sarebbe bello questo mondo!".

Una mano ora, sulla sua.

E la mente tornò a quando trovò il paradiso.
Stava camminando quando inciampò e cadde per terra.
Due braccia lo sollevarono delicatamente, ed un profumo pervase l'aria intorno a lui.
Era profumo di donna, non vi era dubbio.
- Ti sei fatto male ? -
Non era una voce qualsiasi. Le diede subito una forma, e capì che davanti a lui non vi era una persona qualunque, ma colei che lo avrebbe sorretto per tutta la sua vita.
E così fu .
Stefania era dolce, e quello fu un momento incredibilmente magico anche per lei.
Il destino aveva fatto scoccare la scintilla e ben presto i due sarebbero diventati amanti, fatti l'uno per l'altro.
E qui Michele cominciò a vedere veramente i colori. Stefania era sensibile, ed aveva un metodo molto particolare per fargli vedere la luce .
Il sole era Giallo, ed il giallo era un colore caldo, per cui dava da toccare a Michele un qualcosa di caldo. La neve era bianca, ed il bianco era un colore freddo, per cui gli faceva toccare un cubetto di ghiaccio.
E quando facevano l'amore lei gli diceva che quello era il colore rosso, il colore della passione.
Il dolore era nero, e la felicità azzurra.
Michele era entusiasta. Nessuno mai nella sua vita gli aveva mostrato così semplicemente ciò che, in teoria, non poteva vedere. Sì, in teoria, perché ora lui era veramente come tutti gli altri e ciò lo riempiva di gioia.
Fu così che, finalmente, Michele rivide tutto ciò che la natura gli aveva negato. E questo non per merito di medicine figlie della superscienza moderna, ma tramite l'amore e le cure di un altro essere umano.

Le mani ora si uniscono, e Michele e Stefania si appresteranno a fare all'amore in un giardino incantato pieno di fiori di mille e più colori...

27 gen 2009

Racconto per il giorno della memoria

Oggi è la ricorrenza del "Giorno della memoria".
E' per questo motivo che intendo celebrarlo con un mio racconto dedicato al fratello di mia nonna, Ferruccio, che durante la seconda guerra mondiale è riuscito a scappare da un campo di concentramento. Suo padre (mio bisnonno), Fioravante invece non tornerà mai più a casa...


La Fuga
racconto di Stefano Pelloni
Dedicato a Ferruccio Mattioli

Erano ormai due giorni che mi dirigevo verso il sud.
I piedi erano irrimediabilmente piagati, e i crampi dovuti alla fame stavano diventando insopportabili, ma questo a confronto di ciò che avevo passato era il paradiso.
Non sto scherzando, io ero un fuggiasco, ero riuscito a scappare da un campo di concentramento. Non c’è posto più abominevole, più allucinante e terribile.
Qui la bestia umana è riuscita a dare il meglio di se stessa, ha toccato il minimo livello che un essere umano possa mai immaginare.
Io ero comunque uno dei fortunati; non ero ebreo, o comunista, ero solamente un soldato italiano caduto in prigionia a causa dell’armistizio dell’8 settembre.
Se stavo al mio posto e facevo ciò che mi dicevano non rischiavo la vita, non sempre comunque.
Ma un giorno vidi che nel reticolato si era aperto un piccolo varco.
Io ormai non ce la facevo più, ero ammalato e il mio fisico era ogni giorno più sfiancato. Se avessi passato altri mesi dentro a quel luogo avrei presto fatto compagnia a quei disgraziati che entravano quotidianamente nei forni crematori: sì, sarei rimasto ucciso anche io, e del mio corpo non vi sarebbe rimasto nulla, solo un poco di cenere sparsa sulle pianure polacche.
E così quel piccolo varco era diventato per me un’ossessione.
Alla notte, tra un lamento e l’altro, pensavo a come sarebbe stato incredibile fuggire.
A fianco al campo vi era un bosco, sarebbe stato facile nascondersi e prendere la via per il sud.
Ci voleva però fortuna e coraggio ed io mi ero quasi convinto che fossi stato abbandonato da entrambe.
I giorni passavano ed io cedevo sempre più, i tedeschi avevano iniziato a percuotere anche me con i manganelli, i micidiali Gummi , bastoni di gomma grossa fuori e fili di acciaio, e sapevo che presto sarei stato eliminato, in quanto essere inutile.
Fu così che una notte mi affidai all’istinto e alla fortuna e riuscii, non so neanche io in che modo, a fuggire.
Due giorni di cammino, ore interminabili alla ricerca di una casa, di una minestra calda e di due parole.
Di notte facevo più strada possibile, in modo da non essere intercettato dalle pattuglie naziste che infestavano la zona. Speravo comunque in cuor mio che i russi fossero vicini.
Nonostante tutto al campo qualche voce arrivava, e vista pure l’agitazione che aveva regnato negli ultimi giorni tra i tedeschi, avevamo capito che le truppe alleate erano vicine e che ben presto sarebbero arrivate… ma non per tutti, purtroppo.
Per molti sarebbero comunque giunte troppo tardi…
Era pieno giorno e io camminavo rasente a un fosso, avevo il terrore di essere scoperto.
All’improvviso sentii un rumore di motore.
Mi voltai e mi accorsi che stava sopraggiungendo un camion con le insegne tedesche.
Spaventato mi buttai nel fosso e aspettai il suo passaggio.
Sentivo che le forze mi stavano ormai abbandonando. Le privazioni patite in quei lunghi anni stavano avendo il sopravvento. Ero libero, sì, ma libero di morire?
Il camion intanto si avvicinava e io abbassavo la testa per non farmi scorgere.
Se mi avessero visto, un bel colpo alla tempia non me l’avrebbe tolto nessuno.
A questo punto ci mise lo zampino il destino.
Io non ho mai creduto in Dio, ma solo nel destino, e ora se a ottantaquattro anni suonati sto raccontandovi questa storia, un motivo ci deve essere.
Se fossi morto l’avrei trovato allora, ma la vita è puttana per cui ho comunque rimandato i miei dubbi più avanti nel tempo.
Ma come ho appena detto, il destino ci riserba colpi di scena notevoli, ed ecco che puntualmente si presenta quel giorno, in quel posto, mentre io stavo praticamente morendo.
Sentii un rombo forte e capii immediatamente che stava avvicinandosi un aereo.
Vinsi la mia paura e alzai la testa.
In fondo alla strada all’altezza di pochi metri un aereo russo, un caccia, stava puntando verso il camion.
Vidi chiaramente le fiamme uscire dalle mitragliette poste sulle ali e i proiettili avanzare conficcandosi sulla strada.
Non so cosa successe in seguito perché, un poco vinto dagli stenti un poco per la paura, persi i sensi.
Quando rinvenni il silenzio regnava sovrano.
I dolori al ventre erano lancinanti, la fame avanzava inesorabilmente.
Il cinguettio degli uccelli era però disturbato da uno strano crepitio.
Cercai di alzarmi, e anche se sentii le mie gambe doloranti e il mio corpo protestare riuscii a mettermi seduto.
Scrutai oltre il ciglio del fosso e vidi che il camion di prima era messo su di un fianco e che stava bruciando.
Poco distante vi era ciò che restava del soldato alla guida.
Ebbi un conato di vomito. E’ strano, ma non mi ero abituato ancora a vedere i morti, era più forte di me.
Mi alzai e, lentamente mi avvicinai al mezzo.
Ero ormai a pochi passi quando un rumore metallico mi fece rabbrividire.
Voltai lo sguardo e vidi che seduto a fianco un albero vi era un soldato tedesco(l’uniforme grigia era inconfondibile), che mi guardava torvo.
Davanti a lui alcune scatolette di carne aperte stavano cuocendosi su pochi sterpi e sassi che fungevano da focolare.
Ero spacciato.
Sì, in quel momento pensai che i miei sforzi sarebbero stati vani.
Lui alzò la mano in segno di saluto e sorrise.
Rimasi sbigottito e, capendo il mio disagio, lui mi fece un cenno inconfondibile.
Si segnò la pancia poi la bocca, mi stava chiedendo se avevo fame.
- Ja – gli dissi e lui mi gettò una scatoletta.
Rimanemmo a lungo a mangiare uno di fianco all’altro.
Non una parola, ma solo cenni, pacche sulla schiena, gesti.
Poco dopo fui attanagliato da dei dolori fortissimi.
Il mio stomaco non era più abituato a ingerire cibi in quantità per cui si stava ribellando.
Mi alzai e dopo avere fatto alcuni metri caddi a carponi.
Non so quanto rimasi lì così, ma quando riaprii gli occhi era già buio.
Il camion aveva smesso di bruciare, il tedesco non c’era più, e a fianco della strada vi era un piccolo tumulo con una croce.
Il dolore era passato e mi sentivo forte come non lo ero mai stato.
Mi misi a ridere forte, e pensai all’assurdità della guerra.
Ero stato salvato da un uomo che rappresentava tutto ciò che voleva uccidermi e che aveva messo a ferro e fuoco tutta l’Europa.
Riuscii in seguito a tornare in Italia ed ora eccomi qua a raccontare questa storia.
Non so cosa pagherei ora per rivedere quell’uomo, perché se sono sopravvissuto è solamente per merito suo.
La morale di questa storia?
Non so, me lo sono chiesto anch’io.
E’ che a volte, durante la notte, vedo quel viso che mi sorride e che mi allunga il mangiare, e allora io penso…no, non penso, piango.

22 gen 2009

Materiale nuovo numero

Ciao a tutti
stiamo lavorando sul nuovo numero (I racconti di Karin n° sette), perciò chi volesse "presentarci" i propri lavori potrà farlo tranquillamente entro la fine di Gennaio.
Vi aspettiamo numerosi!

Scrivete a
raccontidikarin@katamail.com

oppure postate i vostri lavori direttamente sul blog. (in questo modo avrete comunque visibilità online)

Karin TV

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